
Confusione giornalistica


Viviamo momenti di tensione e confusione. Lo sappiamo tutti e tutti quanti stiamo cercando di capire per poterci organizzare. Ci sono problemi di salute, quelli economici, la quotidianità ribaltata e tutte le sofferenze e difficoltà che quest’anno bisesto, ci sta portando.
Proprio in questi momenti di paura e sofferenza, la poca chiarezza può creare un malanimo superiore, un timore esagerato e un pessimismo di cui non abbiamo bisogno.
Il bisogno di vendita o di ascolto che hanno i mass media in genere, sembra giustifichi il tono da ultima notizia in prima pagina. Gli strilloni americani degli anni ’50 per intenderci, semplicemente pensavo che fossimo cresciuti almeno un poco. Ma dietro al concetto che bisogna vendere e che per vendere si debba esagerare il contenuto dell’articolo, strillarne il titolo e anticipare il più possibile, mi sorge un grande dubbio: ma se così realmente fosse, i giornali si venderebbero tantissimo e i canali televisivi tradizionali, sarebbero molto seguiti…e invece così non è, anzi direi proprio il contrario.
E allora perché venderci come ricetta, quella che in realtà diventa un requiem? Forse perché i comunicatori di oggi non sanno fare il loro mestiere? Forse per poco coraggio? E perché i giornalisti sportivi, solo per fare un piccolo esempio, prima di scrivere un articolo, guardano sul web cosa ne pensa la gente su quel determinato problema, e poi scrivono andando incontro a quelle stesse esigenze e opinioni?
E quando la comunicazione è fallace, le persone si confondono e ognuno si crea un proprio mondo di verità, l’ho visto in tele, l’ho letto sul giornale, l’ho cercato in internet, che raramente corrisponde alla realtà oggettiva.
Qualcuno di molto più importante di me sosteneva che le parole sono importanti e un altro, ancor più importante, ha sempre detto che a parola sbagliata corrisponde un concetto sbagliato (i due autori citati , Nanni Moretti e Massimo Cacciari…due fari verso i quali indegnamente mi dirigo), ecco io, molto più prosaicamente cerco di informarmi prima di parlare…tutto qua.
Mi si dice che non posso capire i loro problemi, la pressione, il direttore, i numeri che scendono, dovresti stare al loro posto prima di parlare…
Se fossi stato al vostro posto…ma al vostro posto non ci so stare!
Grazie Faber.
Gianluca
Proprio in questi momenti di paura e sofferenza, la poca chiarezza può creare un malanimo superiore, un timore esagerato e un pessimismo di cui non abbiamo bisogno.
Il bisogno di vendita o di ascolto che hanno i mass media in genere, sembra giustifichi il tono da ultima notizia in prima pagina. Gli strilloni americani degli anni ’50 per intenderci, semplicemente pensavo che fossimo cresciuti almeno un poco. Ma dietro al concetto che bisogna vendere e che per vendere si debba esagerare il contenuto dell’articolo, strillarne il titolo e anticipare il più possibile, mi sorge un grande dubbio: ma se così realmente fosse, i giornali si venderebbero tantissimo e i canali televisivi tradizionali, sarebbero molto seguiti…e invece così non è, anzi direi proprio il contrario.
E allora perché venderci come ricetta, quella che in realtà diventa un requiem? Forse perché i comunicatori di oggi non sanno fare il loro mestiere? Forse per poco coraggio? E perché i giornalisti sportivi, solo per fare un piccolo esempio, prima di scrivere un articolo, guardano sul web cosa ne pensa la gente su quel determinato problema, e poi scrivono andando incontro a quelle stesse esigenze e opinioni?
E quando la comunicazione è fallace, le persone si confondono e ognuno si crea un proprio mondo di verità, l’ho visto in tele, l’ho letto sul giornale, l’ho cercato in internet, che raramente corrisponde alla realtà oggettiva.
Qualcuno di molto più importante di me sosteneva che le parole sono importanti e un altro, ancor più importante, ha sempre detto che a parola sbagliata corrisponde un concetto sbagliato (i due autori citati , Nanni Moretti e Massimo Cacciari…due fari verso i quali indegnamente mi dirigo), ecco io, molto più prosaicamente cerco di informarmi prima di parlare…tutto qua.
Mi si dice che non posso capire i loro problemi, la pressione, il direttore, i numeri che scendono, dovresti stare al loro posto prima di parlare…
Se fossi stato al vostro posto…ma al vostro posto non ci so stare!
Grazie Faber.
Gianluca