

“Quindi i “Colori del pensiero” possono procurare gioia nel senso di sapersi ricavare uno spazio per pensare. Parliamo di queste coppie che ho definito “contrapposte”, corretto in senso strettamente linguistico ma non, mi pare, in senso filosofico; la filosofia non predilige gli opposti, o sbaglio?”
“No, in effetti è così. Le 12 coppie che abbiamo scelto sono tutte fra loro complementari, cioè svolgono una loro reciproca funzionalità.”
“Potete farci degli esempi? Prendiamo “Luce e ombre” o “Deserto e oasi”?”
“Esatto: ombra e oasi non sono viste, rispetto alla luce o al deserto come l’uno l’esclusione dell’altro ma come un tutt’uno nei vari aspetti dell’interazione del reale”.
“E’ un concetto che deriva ovviamente dalle vostre ricerche. Come si è svolta questa ricerca, a quali fonti vi siete maggiormente ispirate?” “Attraverso fonti autorevoli e il più possibile originali. Partendo dalla Bibbia, la narrazione delle narrazioni, fino ai pensatori e alle pensatrici del nostro tempo, da Rovatti alla Zambrano, alla Muraro e agli scrittori come Andersen – in fondo anche le fiabe sono specchio della realtà – von Hofmannstahl, Calvino e lo stesso Goethe. Ad esempio, abbiamo ripreso da Nietzsche i pensieri concepiti in forma di un dialogo fra il viandante e la sua ombra, o le poesie amorose di J. Donne o “La vita è sogno ” di Calderon de la Barca.”
“E qui vi riferite alle coppie “Luce e ombre” e “Desiderio e sogno”; ci fate i nomi di filosofi da voi tenuti in maggior considerazione anche rispetto alle altre coppie tematiche presenti nel volume?”
“Sì, ci siamo riferite soprattutto a Hillman, a W.Benjamin e a Platone, in particolare per ”Destino e carattere”. Per i Greci il destino era la necessità, la forza superiore agli uomini e agli stessi dei, quindi non c’era alcun legame con il carattere, mentre Platone introduce per la prima volta, nel “Mito di Er”, la possibilità di scelta del soggetto”.
“Quello che noi chiamiamo libero arbitrio. E per quanto riguarda Benjamin?”
“Benjamin ha scritto sulla relazione destino-carattere alcune pagine straordinarie, sottolineando soprattutto, nelle tre forme di carattere da lui individuate, il carattere distruttivo in contrapposizione all’uomo che cerca di proteggersi, il cosiddetto uomo-cofanetto.”
“Ma allora, mi verrebbe da commentare che noi siamo oggi in maggioranza uomini-cofanetto.”
“Direi di sì. Ma i nostri limiti stanno appunto nell’etica, nell’affermazione di una responsabilità articolata e complessa; si legano con i valori dell’attualità in cui anche gli altri hanno diritto ad un loro posto.”
“Pare che ne esca un testo di grande attualità. A questo proposito, voi avete citato Platone anche per una storia rispetto a “Visibile e invisibile”, ce ne volete parlare?”
“Nella Repubblica di Platone viene ripresa una storia raccontata da Erodoto secondo la quale, grazie ad un anello magico, un uomo diventa invisibile e questo gli permette di compiere ogni genere di nefandezze senza il timore di essere perseguito. Pensiamo a quanto questo si addice all’attualità, in cui l’anonimato garantito dai social favorisce in molti casi l’aggressività, lascia spazio al lato peggiore dell’individuo.”
“Perché 12 coppie?”
“Perché per me – risponde prontamente Brunamaria Dal Lago Veneri, amante della numerologia – il 12 è un numero perfetto e in tal senso scaramantico. Ricordo una canzone di Branduardi che dice: E dodici sono ancora i segni che tu puoi leggere nel cielo.”
“Per tornare al vissuto: voi avete completato ogni capitolo con una serie di domande che ognuno può rivolgere a se stesso; è anche questa una finalità del vostro lavoro?”
“Sicuramente. La filosofia ha la possibilità di tornare a svolgere il suo compito originario e cioè quello di restituirci lo spazio del pensiero.”