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La soluzione

La soluzione
Questa è la storia di Francesco Ricci, che all’età di 47 anni si è sentito finito.
Nasce a Ferrara da genitori romagnoli, cresce in un ambiente confortevole, dai giusti valori, la famiglia, carità cristiana, con una sana educazione, e in un contesto sempre leggero ma consapevole. La sua vita, fino ai giorni dell’università, fila via liscia, su binari paralleli e forti che rendono il suo viaggio sicuro e piacevole.
E’ già da bambino che impara l’arte di compiacere. E’ una cosa quasi innata, che passa da genitori a figli. Una specie di educazione sotto pelle che ti fa uscire di bocca le parole più gentili possibile, che riescono ad abbinarsi con le giuste smorfie della bocca e sono in sintonia con le movenze armoniose del corpo. Sì, già da piccolo Francesco era un bravo bambino.
L’adolescenza passa in fretta, tra i cortili e le strade di Ferrara, sempre pulite e sicure. I primi segreti, si esce dalla protezione familiare ma Francesco, con passi delicati e il visino sorridente dall’occhio chiaro, riesce sempre a non farsi notare e passa attraverso – senza grandi scossoni, dicevamo, – attraverso il corso della vita: guadare un fiume senza bagnarsi troppo.
A 18 anni si iscrive all’Università a Bologna, facendo il pendolare da casa ma iniziando a trovare una sua dimensione di ragazzo fortunato che si affaccia all’età matura. E’ un periodo, questo, di grandi cambiamenti, soprattutto personali. Francesco è del ’73, del giugno ’73, come nella canzone di De André, e quindi arriva a Bologna nel ’91. E’ l’anno della Uno Bianca, la Guerra del Golfo, la fine del PCI di Occhetto, la Moby Prince e tanto, tanto altro ancora. Avvenimenti che minano le sicurezze, iniziano a cambiare le sensazioni, si percepisce la realtà in maniera diversa, e molto si ripercuote sulle scelte, i desideri e i sogni del singolo cittadino. L’Italia è ricca, ma forse di quella ricchezza che dovremo pagare in seguito, perché nata da un falso storico economico, quello degli anni ’80. Di conseguenza, e fino alla fine di quel decennio, possiamo vivere in una bolla di ottimismo sempre più sfrenato e meno controllato. E Francesco è un po’ così. Tutto gli va bene, ma non benissimo, gli va normalmente bene. E sarà proprio questa normalità a rovinarci tutti.
Sono gli anni in cui iniziamo a poter fare cose che difficilmente avremmo pensato di fare. Ci danno questa possibilità. Le persone e le famiglie “bene”, alla Francesco, iniziano a viaggiare, conoscere, comprare, avere e poi spendere, buttare e rifare, insomma un senza limite che Francesco non conosce, ha pur sempre una famiglia posata alle spalle, e si destreggia tra gli ultimi scalmanati politicizzati, i primi qualunquisti della vita e i sopravvissuti delle rivoluzioni culturali, molto drogate, del passato. E si destreggia con i suoi maglioncini a V, dai colori tenui, dai polsini delle camicie che spuntano da sotto, con quella pulizia da bravo ragazzo e lo sguardo buono. Francesco ci crede, i Ricci ci credono, credono in questo mondo, sanno che si dovranno impegnare di più, conoscono il loro destino. E il destino del ragazzo sarà Economia e Commercio e un domani, Commercialista Internazionale con un proprio studio! Avrebbe potuto studiare Giurisprudenza oppure addirittura Medicina, ma a parte il fatto del sentirsi più o meno portati, insieme alla famiglia (entrano anche i nonni in questo gioco delle responsabilità…) ma soprattutto con suo padre, hanno voluto dare un taglio più pratico alla scelta di formazione di Francesco. Sarà il mondo di domani a far sì che il Commercialista diventi la professione del futuro, asseriva suo padre Luigi, mentre attorno al tavolo della cucina, con la moglie Margherita e il figlio stesso, decidevano del futuro del rampollo.
E fu così che in un’Italia che ancora cavalcava i milanesi “anni da bere”, Francesco si pose a paladino dei “rampanti”, troppo buoni però, per esserlo davvero. Si parte dalle Pantere per arrivare alle Sardine, passando attraverso un’altra generazione di ribelli che lo erano talmente tanto, che ne abbiamo pure scordato il nome. Ma Francesco non lo sa, lui non partecipa a manifestazione e se lo fa è solo perché altri amici lo fanno. Non si chiamano più compagni, ma è comunque più divertente essere un po’ di sinistra piuttosto che un po’ di destra. E d’altronde, Luigi e Margherita si sono sempre mossi tra Craxi e Spadolini, mentre qualche nonno si era spinto fino a Berlinguer. La parola “qualunquismo” non poteva esistere nel vocabolario di Francesco, peccato solo che interpretasse quel sentimento in maniera perfetta e perfettamente inconsapevole.
Dopo aver provato l’ebbrezza di fare all’amore durante una vacanza estiva, Francesco incontra la ragazza giusta. 22 anni lui, 19 Gabriella. E’ un incontro fortunato, I ragazzi crescono, si laureano (lei in Veterinaria, molto più complessa di Economia e Commercio, ma un poco sottovalutata agli occhi dei genitori di Francesco…una cosa al femminile!). Vanno a vivere insieme e si sposano appena possibile. I familiari di lui aiutano, i genitori di lei, campano lui e siciliana la madre, fanno quel che possono. Sarà l’apertura mentale della famiglia Ricci, la loro generosità morale e materiale, a non far sentire in colpa la famiglia di Gabriella, i signori Aversa. E ci mancherebbe altro. Loro sono tra quelli che danno del tu ai camerieri, perché siamo tutti sulla stessa barca.
La vita scorre calma, placida e felice, Gabriella è innamoratissima del suo uomo e il bimbo che sta per nascere, siamo nel 2000 e si chiamerà Jonas (da un vecchio film…), è la testimonianza più diretta di come le cose possano funzionare, e anche bene. Vivono in un bell’appartamento in centro, Ferrara bene si presta, con un mutuo a tasso fisso per non avere alcuna preoccupazione. Lui ha da poco ottenuto un contratto indeterminato presso uno studio di Commercialisti affermato, mentre lei si è appena laureata ed essendo in dolce attesa, non è al lavoro che sta pensando.
Gli anni 80 sono finiti da un pezzo e l’onda ottimistica si affievolisce fino a scomparire definitivamente sotto i colpi della Storia e della storia economica. Le differenze sociali si allargano sempre di più, e mentre la Politica di prima aveva un concetto dell’equilibrio di un certo tipo, il liberismo economico degli anni 80 stravolge le regole: veloce è il passaggio da un mondo di valori etici a un mondo di valori economici. Ma non è di questo che stiamo parlando, noi viviamo con Francesco, Gabriella e Jonas e seguiamo la famiglia Ricci dei nonni Luigi e Margherita e anche la famiglia Aversa, con Mario e Antonietta, che è vero che salgono poco a Ferrara ma è anche vero che ogni vacanza, più o meno lunga, scendono tutti giù nella casa al mare della bisnonna Carmela, pace all’anima sua. A volte ci vanno anche nonno Luigi e nonna Margherita.
Dal Muro all’Euro il passo dura dieci anni. Sono dieci anni che sanno di speranze e delusioni, unità e divisioni, utopie e distopie. Le scelte iniziano lentamente, molto lentamente, a farsi meno facili. Le decisioni cominciano a mostrare pian piano le conseguenze dei propri errori. E’ un po’ come se l’onda degli anni ottanta, corroborata dalla superficialità dei novanta, si fosse infranta contro lo scoglio del 2000. L’impatto non è stato devastante e neppure fragoroso, non definitivo e neppure dirompente, è stato invece, e ancora lo è, un leggerissimo, sottile, quasi impercettibile ma lento e costante innalzarsi delle acque, fino al punto che, semplicemente e naturalmente, esse hanno potuto sommergerlo, quello stupido, stupido scoglio. E ci ritroviamo così, senza nemmeno uno scoglio al quale aggrapparci.
Francesco e Gabriella sono felici e Jonas ha un anno quando le Torri Gemelle di New York crollano, sventrate da aerei assassini.
E’ il conto che andiamo a pagare, fatto di bolle immobiliari, di sub-prime, di speculazioni bancarie per tenere a galla il mercato. Sono gli anni durante i quali crescono a dismisura i tassi d’interesse, fino a far esplodere la bolla dei mutui, che dalle case passa alle banche e determina il crollo delle varie finanze. Nascono le agenzie di rating; la Politica deve rincorrere l’economia fino alla sua estrema conseguenza, che porta inevitabilmente i politici a parlare alla pancia della gente per poter mantenere voti e controllo del potere. E noi sappiamo quanto intelligente sia la pancia di una persona. D’altronde, è lo specchio fedele del nostro tempo, quello di non chiedersi nulla e di accettare comunque tutto. Così viene accettato il fatto che il parlare alla pancia della gente sia una cosa intelligente e giusta, e nessuno che si fermi a dire che magari la pancia risponde ad altre esigenze: la fame fine a se stessa, l’emozione, più leggera e intima, tipo le farfalle, o anche il nervoso che ti blocca lo stomaco, un po’ più in su della pancia, ma crediamo che vada comunque bene, (e in ogni caso risponde a uno stato emozionale delle cose) anche se difficilmente potrà essere la pancia a programmare un futuro, a trovare una soluzione, financo a provare a fare sacrifici per qualcosa di più alto e duraturo. E molto difficilmente un’assemblea di pance potrebbe riuscire a mettersi d’accordo su qualcosa. Insomma, nessuna voce che si alzi contro le pance e a favore dei cervelli. Sembra che i cervelli si possano mandare tranquillamente all’estero, importante è tenersi le pance. Chiedendosi anche, ma in tutto questo, il cuore dove e come si pone? Comunque, questo è il mondo che stiamo tutti accettando: “Provate pure a credervi assolti, siete lo stesso coinvolti!”
Anche Francesco subisce questa lenta involuzione; il lavoro prosegue ma le incertezze sul futuro lo portano a rallentare la decisione di aprire un proprio studio e sappiamo come funzionano a volte certe cose; passato il momento, non se ne parla più e gli anni volano. L’intorpidimento dei propri sogni porta con sé incertezza e apatia, mischiata a un falso senso di benessere e appagamento. Il figlio cresce bene e Francesco e Gabriella hanno raggiunto il loro equilibrio, fatto di strenua difesa di ciò che hanno, di sempre maggior chiusura dei propri confini. Serrare i boccaporti, smettere di cercare alternative, in fondo smettere di costruire e sognare. Questa è la filosofia dell’oggi, la quotidianità che ti uccide lentamente. Sono le piccole decisioni, prese quasi inconsciamente, che hanno sempre il sapore della ritirata. Inizi con i comfort per migliorare la qualità della vita, così ti dici. E poi resti confortevole nel tuo recinto, anche mentale, e inizi a cambiare il tuo pensiero e quindi la tua politica. Piano piano, diventi un’altra persona. Avevi imparato a essere sempre gentile, e le cose sarebbero arrivate. Il Mondo è giusto, le alternative esistono. Si migliora, domani sarà meglio di oggi e dopodomani ancora di più. Poi, ti dicono che non è vero e piano piano piano inizi ad accorgertene. E intanto Gabriella, alla quale sarebbe piaciuto avere due o tre figli, convince Francesco che è meglio aspettare, che il momento non è favorevole. E magari potrebbe trovarsi un lavoro part-time, anche solo a progetto. Scelte dettate dalle situazioni, situazioni indotte da altri. Ti convincono che il nuovo equilibrio è senz’altro migliore rispetto a prima. E tu, ci credi. Qualcuno dice che si cresce, che la disillusione fa parte dell’esperienza, che aiuta a migliorarsi, ma forse a Francesco, in qualche sprazzo di lucidità, in momenti come questi, quando cerca di dare un senso ai suoi perché, forse e solo forse, a lui potrebbe anche venire in mente che l’influenza del mondo sul suo microcosmo abbia avuto un peso non conforme alle sue aspettative e senz’altro superiore alle sue forze. Forse e solo forse, potrebbe arrivare a pensare che dalle Torri Gemelle, passando per le varie bolle immobiliari a quelle dei mutui, attraversando le tragedie sanitarie di HIV, MERS, SARS e COVID 19, tenendo sempre presente il suicidio climatico al quale andiamo consapevolmente e volontariamente incontro, come razza umana, beh, considerato tutto questo e ovviamente molto e moltissimo altro ancora – dicevamo – allora, forse ma solo forse, Francesco potrebbe spingersi oltre, a pensare che sia un vero peccato che questi condizionamenti esterni abbiano potuto influire in modo così determinante sulle nostre scelte. E ancora oltre, come sia assolutamente insostenibile e drammaticamente definitivo avere l’impressione, anche solo la vaga percezione o addirittura una sottile comprensione – non più tanto sottile – che questi stravolgimenti, che hanno segnato e segnano la Storia dell’Umanità e in essa le nostre piccole vite, siano stati volontariamente perpetrati. E che siano comunque le conseguenze inevitabili del percorso che abbiamo scelto. Ecco, questa sensazione che la mia scelta di cosa comprare per mangiare dipenda dal mercato globalizzato, che i miei gusti debbano seguire l’andamento del prezzo del petrolio e dipendere dagli embarghi che gli Stati si dichiarano gli uni con gli altri, non è accettabile: questo andava pensando un 47enne disperato, svuotato d’ogni energia…
Non ne può più di sorrisi, suoi e altrui. Non vuole più essere complice di un mondo che ormai detesta: ed è proprio in quel momento, in quel magico e preciso momento in cui il tempo pare rimanere sospeso, in cui l’unico movimento è quello dei suoi pensieri e delle sue emozioni, che pensieri ed emozioni si accordano e si sono mettono a vibrare. Sarà l’effetto della brezza, allegra e leggera, di questo maggio di riaperture. Francesco sta tornando a casa, la fugace visione della città vuota, i rumori attutiti, l’aria più pulita. Incrocia qualcuno e intravede un sorriso, timoroso, espresso con pudore sotto la mascherina, ovviamente. E risponde, col capo, con gli occhi. E’ un attimo, e forse il ritorno alla normalità che si chiede, non è la strada giusta. Forse, ma solo forse, è stata questa normalità a rovinarci. Però esiste ancora un mondo fatto di cortesie, fatto di gentilezze e sapori antichi. E non è giusto dire che detesto questo mondo, va ripetendosi Francesco, posso detestare questo mondo, non tutto il mondo.
Una sinapsi, un collegamento, un contatto, quasi elettrico, una folgorazione subitanea, un “satori”, direbbero gli orientali. Sapeva cosa fare, non pretendeva di avere la soluzione per tutti e per tutto, sperava di averla per la sua famiglia, ma il suo progetto ora gli appare chiaro, quasi lo avesse in serbo da parecchio tempo, quasi lo avesse perfezionato e protetto con tale cura da non accorgersi nemmeno di averlo; così prezioso da nasconderlo perfino a se stesso. Semplice, molto semplice nella sua ingenuità. Ci vorrà del tempo, mesi, magari un anno. Sperando che Gabriella e Jonas siano d’accordo. Ci saranno da mettere a posto parecchie cose, ma sono sicuro che si potrà fare.
Francesco ha deciso, Gabriella è d’accordo e Jonas ne è entusiasta, tanto lui convive a Bologna con la sua fidanzata e frequenta l’Università, a Jonas che ha vent’anni nel 2020, a lui questa sembra una soluzione molto cool.
Francesco e Gabriella vendono la loro casa, vendono anche i mobili sui vari siti on line, recuperano i piccoli investimenti e i risparmi di vent’anni di lavoro. Vendono le due macchine e la quota di casa al mare che avevano con gli amici di sempre. Ovviamente Francesco si licenzia, e oltre al trattamento di fine rapporto ottiene una piccola buona uscita. Con Gabriella hanno tirato su una discreta somma. La investono in sicurezza con una rendita ridicola ma sufficiente per coprire le spese del figlio. E loro? Beh, dopo qualche mese di ricerche e qualche domanda andata a vuoto, hanno trovato il loro angolo di paradiso, lontani dal mondo che detestavano e immersi nel mondo che si sono creati. E li potete trovare, Francesco e Gabriella, sì, li potete andare a trovare, basterà passare per la Valle dell’Infanzia felice, proseguire fin su, al paese di Sant’Economia, e poi ancora più su, ci si inerpica lungo il sentiero e si arriva, dopo un paio d’ore di cammino, al Rifugio Nuova Speranza. E loro gestiscono il Rifugio, che è aperto tutto l‘anno ma che in realtà lavora pochi mesi. Il resto del tempo è manutenzione, è preparazione della stagione successiva, ed è soprattutto la cura degli animali. E mentre Gabriella, in questa primavera del ’21, serve ai tavoli una polenta che non vi dico, chiedo a Francesco com’è questo cambio di vita radicale, se ha qualche morale spicciola da regalarmi. Insomma, se ha una soluzione al mondo che stiamo vivendo. Lui si siede al tavolo con me, si asciuga le mani sul grembiule da oste, si dà una grattata alla barba ispida, sbuffa e mi dice, “No dai, soluzioni non ne ho. O meglio, diciamo che questa è la nostra di soluzione, non è che proprio te la consiglio”. Ha uno sguardo birichino, leggero e libero, e continua “Guarda Gianluca, noi stiamo benone e Jonas è entusiasta, quando viene a trovarci. Per tre o quattro mesi l’anno abbiamo gente ed è molto divertente. Per il resto del tempo, tra qualche amico che ti viene a cercare e tutto il lavoro che abbiamo, il tempo passa sereno. La giornata comincia presto con una bella colazione e la prima cosa che faccio, appena esco dal Rifugio, è andare dalle mie bestie e iniziare a spalare un po’ di merda. E l’ultima cosa che faccio, prima di tornare al Rifugio, è andare a salutare le bestie, e spalare un po’ di merda!” E questo, lo racconta ridendo.

Circa l'autore

Gianluca Emeri

Titolare e libraio di Libreria di Quartiere. Qui condivide recensioni e riflessioni personali.

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