
La suora


Intorno agli anni sessanta, terminate le lezioni mattutine mi univo ai compagni di giochi: tutti ragazzini miei coetanei che abitavano nella mia stessa via.
Ci si trovava giù in strada in virtù del medesimo istinto che guida i passeri a riunire lo stormo, ed eravamo un nugolo chiassoso composto di una ventina di elementi dai sei ai dieci anni.
Poche auto in giro, a quei tempi, così durante i nostri spassi ci si poteva permettere di invadere, – oltre che i marciapiedi -, anche la sede stradale.
Si passavano i pomeriggi come si era sempre fatto, da generazioni, con l’ingenuità della prima età e la passione delle cose serie. Così ci si divertiva a giocare a nascondino, a guardie e ladri, a bandiera, a pallone, sempre all’aria aperta, pioggia o gelo permettendo.
Di tanto in tanto capitava di sospendere all’istante i nostri “cinguettii”, e questo accadeva quando, con uno strillo acutissimo, qualcuno del nostro gruppo lanciava l’allarme: “La suora”.
L’avvistavamo da lontano la religiosa, non appena imboccava la nostra via; e allora ci si metteva tutti a correre a rotta di collo verso di lei; ed era un privilegio riconoscerla per primi dalla lunga distanza e arrivarle innanzi battendo nella corsa tutti gli altri.
Era una donna già anziana, paciosa, che data la notevole corporatura deambulava con un singolare dondolio che ricordava l’oscillare di un pendolo; possedeva un sorriso radioso che scintillava ancor più quando ci vedeva giungere correndo.
Una volta raggiuntala, ci sistemavamo in modo ordinato in fila, seri e in silenzio, dinanzi a lei; e la suora fermava i suoi passi, afferrava il grosso medaglione argentato con l’immagine di Gesù che portava sul petto e lo teneva ben fermo, in modo che a uno a uno potessimo baciare l’immagine sacra; e lei rispondeva al nostro gesto sfiorandoci appena il capo con un tocco leggero.
Forse gli Angeli accarezzano a quel modo.